La moderna sessuologia ha ormai da tempo intuito quanto gli aspetti psicologici, emotivi e relazionali giochino un ruolo fondamentale nella possibilità di sperimentare e ricercare il piacere erotico. Ma solo negli ultimi anni i programmi di educazione sessuale hanno iniziato a dare meno importanza agli aspetti puramente anatomici per ampliare l’attenzione sui risvolti emotivi, affettivi e relazionali che accompagnano il rapporto sessuale.
Nella nostra società continua a essere assente una cultura della sessualità che stimoli la conoscenza di sé e la condivisione con l’altro, un’educazione affettiva che aiuti a comprendere i vissuti che si attivano in noi all’interno di quest’area relazionale.
IL SISTEMA MOTIVAZIONALE DELLA SESSUALITA’
È un insieme di reazioni innate, iscritte nel codice genetico, e di altre reazioni corporee ed emotive che sono il frutto di un apprendimento legato alle esperienze di vita di ognuno di noi, e che influenzano spesso i nostri modi di pensare e di sentire senza che ce ne rendiamo conto. Alcuni elementi hanno a che fare con l’idea che ognuno ha di sé come potenziale partner sessuale (Piacerò? Sarò in grado di sentire piacere?) e con le aspettative sul comportamento dell’altro (Mi desidererà? Posso fidarmi? Mi giudicherà?). Questi aspetti entrano in gioco già nella scelta di un potenziale partner, nei meccanismi legati al desiderio sessuale e nella possibilità di sentirsi e muoversi a proprio agio nelle dinamiche di corteggiamento e seduzione. Anche nel momento in cui una coppia si ritrova in intimità le emozioni e i pensieri che si attivano hanno il potere sia di favorire e amplificare le reazioni fisiologiche associate a una sessualità piacevole sia di ostacolarle fino ad annullarle completamente.
È fondamentale capire cosa conduce alla crescita delle emozioni disfunzionali per favorire un clima di cooperazione paritetica e di ricerca condivisa del piacere. Emozioni come la paura, l’ansia, la rabbia o la tristezza, quando sono molto intense, hanno il potere di bloccare i principali meccanismi eccitatori a livello del sistema nervoso periferico, ovvero lungo la colonna vertebrale. Da qui possono nascere diversi problemi – uno su tutti: l’impotenza – senza che vi sia alcuna disfunzione organica. Questo accade perché all’interno di certe emozioni il corpo, semplicemente, si adegua al bisogno primario. Così se il soggetto ha una forte paura, il suo corpo entrerà in assetto da “difesa” o di “fuga”, come se non fosse di certo quello il momento in cui abbandonarsi al piacere. Per questo è importante che il clinico sessuologo sia anche uno psicoterapeuta, in modo da poter riconoscere gli eventuali “nodi” psicologici sottostanti inerenti la sfera individuale o una dinamica particolare della coppia. A differenza di una normale psicoterapia individuale o di coppia, quando la situazione lo consente, il clinico può focalizzare il lavoro sull’area della sessualità senza necessariamente coinvolgere un’esplorazione e un’elaborazione degli aspetti profondi della personalità, e senza modificare più di tanto le dinamiche relazionali all’interno della coppia.
LA TERAPIA MANSIONALE INTEGRATA
Segue la logica del “minor cambiamento necessario” per raggiungere l’obiettivo. A tale scopo si usano elementi pedagogici e di educazione sessuale, poiché spesso molte difficoltà sono legate a conoscenze errate o mancanti rispetto ad alcuni aspetti della sessualità. Oltre agli aspetti fisiologici e funzionali, viene stimolato il confronto in seduta sulle modalità dei soggetti di cercare e proporre all’altro di stare insieme nel corpo e viene costruito un modo più adattivo di dirsi sì o no. Si propongono anche veri e propri “compiti a casa”, studiati per sciogliere le principali difficoltà. Resta comunque compito del clinico saper valutare quando il singolo caso necessita di un lavoro più di ampio respiro sull’individuo o sulla coppia, senza il quale le tecniche sessuologiche non possono risultare efficaci.
Laddove possibile si favorisce la presenza di entrambi i membri della coppia alle sedute, perché anche le problematiche che apparentemente si manifestano in uno solo dei due partner sono proprie di quella particolare relazione e la condivisione del percorso terapeutico ne massimizza spesso l’efficacia. Ovviamente è anche possibile un setting individuale per l’assenza di un partner, volontà del soggetto o indicazione del clinico.